AZAR LEGNO di Giuseppe
Panetta
Mi scuso con chi non ha voglia di leggere, è possibile, comunque, saltare e
vedere subito i lavori, ma mi è sembrato doveroso nei confronti di chi vuol
sapere qualcosa sulla storia della mia falegnameria e nei confronti dei miei
avi, scrivere questa presentazione.
Il nome AZAR LEGNO è stato coniato da mio padre, Antonino Panetta e significa:
AZ (Azienda ) AR (Artigiana) del LEGNO.
Il nome completo era: AZAR LEGNO di Maria Luisa Ferraro Panetta con sede in
Calabria.
Maria Luisa è il nome di mia madre, figlia di mio nonno Francesco Nicola
Ferraro, persona di grande intelligenza, capacità e cultura; falegname,
ebanista, scultore, intarsiatore, tornitore.
Mio padre affascinato dalla figura del suocero, ingrandì l’azienda dando il nome
che dicevo prima, per esemplificare, con la parola Artigiana, (AR) tutto
quell’insieme di qualità, arte, cultura, creatività, fantasia, ricerca,
innovazione e modalità lavorativa umana che vedeva gli operai come dei
familiari, tanto che venivano chiamati discepoli.
Mio nonno veniva chiamato “Sumastro” che significa “Sommo Maestro” poiché i
numerosi discepoli (circa un centinaio) a cui poi mio nonno, giunto il tempo, li
nominava “Maestri”, per riconoscenza lo chiamavano appunto “Sumastro”.
Molti discepoli venivano da altri paesi ad imparare l’arte e a loro volta
aprivano le loro botteghe con l’augurio di mio nonno: vere e proprie cerimonie.
Tuttora la concentrazione di falegnamerie nel mio paese e nelle zone intorno è
altissima.
Nelle intenzioni di mio padre c’era infatti l’idea di creare, lasciando
l’indipendenza di ognuno, un marchio di qualità che le consociasse e intendeva
studiare e proporre alle istituzioni competenti, di regolarizzare ciò che di
fatto mio nonno faceva: una vera e propria scuola, dove appunto veniva formato
di fatto l’individuo, come dovrebbe essere appunto il compito della scuola e
contestualmente insegnare quest’arte. Ovvero dopo la terza media, lo studente
avrebbe dovuto frequentare la scuola superiore di cinque anni, completa di tutte
le materie, con indirizzo, per esempio, in “Tecnologia del legno”. Così, come
esiste l’istituto tecnico per informatici, il cui laboratorio è la sala dei
computers, per coloro il cui indirizzo sarebbe stato “Tecnologia del legno”, il
laboratorio sarebbe stato, la falegnameria.
Trovava scandaloso che lo Stato italiano che detiene il 75% del patrimonio
artistico mondiale, non avesse una scuola di questo tipo. Infatti esistono
tutt’oggi soltanto dei surrogati di ciò; corsi di restauro o simili, organizzati
dai comuni che non mettono al centro l’individuo nel suo insieme.
Purtroppo la morte di mio padre (nel novembre 1979), ha interrotto questi
progetti e tanti altri. Così io che lavoravo e contemporaneamente studiavo
all’Università di Firenze, ho preso anticipatamente in mano l’azienda e dopo
cinque anni di lavoro in Calabria ho trasferito l’azienda a Campi Bisenzio città
attigua a nord di Firenze.
Così dal luglio 1984 opero in questa graziosa cittadina, lavorando, sia da solo,
per molti anni, poi con qualche aiutante o apprendista, poi ancora da solo, poi
ho avuto anche io i miei numerosi discepoli. Attualmente ho tre lavoranti:
Salvatore da circa un anno, Valentin da circa sei mesi e Nico che lavorava con
me a metà giornata da tre anni, da maggio è a tempo pieno.
Ho spesso, nel corso di questi anni sperimentato varie soluzioni, cambiando
varie volte macchinari, in particolare dal 2002 ad oggi ho acqistato altri
macchinari e trovato l’assetto lavorativo più vicino al mio ideale, fatto di
efficienza e rapporti umani.
Oggi la falegnameria si chiama sempre, AZAR LEGNO, ovviamente, di Giuseppe
Panetta e per ribadire la continuità ho aggiunto, come simbolo, a riassumere
tutte le caratteristiche dei miei avi, un albero che ha tanti significati ovvi,
dai rami, alle foglie, il legno, a cui si accosta un saggio che rappresenta la
cultura, a significare che non si può scindere la pratica dalla cultura (se si
vuole veramente fare arte) e la scritta latina, su uno striscione al vento “Non
Solus” che significa “Non Solo”, cioè (Non solo falegnameria), ma arte, ricerca
nella tradizione e innovazione, con mobili su misura in massello o arredamenti
completi anche in arte moderna o futurista. E molto importanti sono i rapporti
di lavoro umani, con scambio dei ruoli affinchè ognuno sappia tutto di tutto,
libri di arte, architettura, design che faccio circolare e il desiderio di
dimostrare che un’azienda per essere efficiente, non ha bisogno di ruolizzare,
tenere le distanze con i dipendenti e ridurli a numeri, come è la tendenza
attuale. Dunque la mia è una falegnameria che si occupa di risolvere qualsiasi
esigenza di arredamento; dal restauro dei mobili antichi, dalla costruzione del
mobile moderno, classico, antico, con bassorilievi e intarsi, dalla costruzione
del mobile futurista alle finestre particolari la cui linea si chiama
“Alessandra”, alle porte, i portoni, gli infissi in genere, i mobili su misura:
librerie, armadi, letti, cucine e qualsiasi altra cosa, arredamenti completi per
interni o per negozi, con spostamenti lavorativi anche all’estero.
Ovviamente chi vuole, può proporci un proprio progetto oppure avvalersi della
nostra progettazione e del coordinamento di altre maestranze per fornire i
lavori “Chiavi in Mano”.
Tutto è rigorosamente di nostra produzione.
Ovviamente per i portoni blindati compriamo la struttura in acciaio e la
rivestiamo secondo le personali esigenze.
Siamo inoltre concessionari di portoni blindati e porte economiche industriali.
Con me è la quinta generazione; conosco ciò non solo dai certificati di
matrimonio e vari dei miei avi, ma io stesso ascoltavo da mio nonno i racconti
di come suo nonno, falegname, ovviava, con soluzioni geniali, all’assenza di
macchinari che tra l’altro non aveva neanche lui.
Nico, che ho già presentato è molto giovane e per età potrebbe essere mio figlio
e l’ho designato come erede della falegnameria, quindi (per continuare l’arte
italiana) attualmente lavora insieme la quinta e la sesta generazione.
Mi scuso per la lunghezza di questa premessa che non potevo però evitare,
altrimenti avrei presentato la falegnameria senza la giusta trasparenza e sarei
stato scorretto con il cliente che non si sarebbe sentito considerato con la
giusta attenzione che merita.
Ai messaggi sublimali della pubblicità che intontisce l’individuo, preferisco la
chiarezza. |